Storie di Bhagavan Sri Ramana Maharshi

“Bhagavan e i calabroni”

Una volta, Suri Nagamma chiese a Bhagavan se fosse salito su per la collina dopo aver visto la foglia del banyan ( leggendario albero banyan) e se, in quella occasione, fosse stato punto dai calabroni.

Così Bhagavan raccontò l’episodio dell’albero del banyan e dei calabroni:

“Una mattina uscii, involontariamente, dalla grotta di Virupaksha e andai in giro per la collina, quando mi ritrovai a risalire una scorciatoia tra il tempio di Panchamukha e quello di Pachaiamman.
C’era un’immensa foresta.
Durante il cammino, vidi sul mio sentiero un’enorme foglia di banyan: era grande come la foglia che, legata ad altre foglie, viene usata per poi mangiare il cibo.
Appena la vidi ricordai lo sloka presente nell’Arunachala Puranam, in cui vi è una descrizione dell’albero del banyan ai piedi del quale viveva lo Yogi Arunagiri ( Arunagiri Yogi è considerato Shiva che siede sotto il leggendario banyan su Arunachala).

“Di quale sloka si tratta?”, chiese un devoto. A quel punto, Bhagavan rivelò lo sloka che, tradotto, recita come segue:

“Sul pendio settentrionale della collina di Arunachala
vi è un grande albero del banyan,
la cui ombra è ampia e rotonda.
L’albero, che cattura l’occhio degli dèi
come pure quello degli esseri umani,
è ammirato, con stupore, dalle divinità
così come dagli esseri umani.
Si ritiene che, il Signore Siva,
sia seduto eternamente sotto questo albero del banyan,
nella forma di un ‘Siddha’
chiamato Arunagiri Yogi”.

Dopo aver recitato questi versi Bhagavan continuò:
“Non appena ricordai questo sloka, pensai che la foglia provenisse da quell’albero del banyan e sentii che avrei potuto vederlo se solo fossi andato lungo la direzione da cui proveniva la foglia.
Iniziai ad arrampicarmi ancora più in alto, fino a che vidi un albero, in un punto elevato della collina.
Mentre mi avvicinavo, la mia coscia urtò contro un cespuglio e, in seguito al disturbo causato, alcuni calabroni uscirono ed iniziarono a pungermi.
Pensai di aver commesso un errore (avevo disturbato i calabroni) e che quella fosse la punizione.
Convinto di ciò, mi fermai.
Gli insetti non mi punsero in nessun altro posto se non sulla coscia che aveva toccato il cespuglio, e lo fecero con piena soddisfazione. Quando se ne andarono, ripresi a camminare. Stranamente, mi dimenticai del tutto dell’albero del banyan e mi diressi verso il luogo delle sette sorgenti. Nel mezzo, però, vi erano tre grandi corsi d’acqua che erano fra l’altro molto profondi. In qualche modo, riuscii ad attraversarli e a raggiungere le sette sorgenti, nonostante la coscia si stesse gonfiando e fosse dolente. Da lì cominciai a scendere la collina e, arrivata la sera, raggiunsi la grotta di Jataswami. Una volta arrivato, mi offrirono una ciotola piena di frutta mista, burro di latte e zucchero, era dolce come il nettare amritha.
Fino a quel momento non avevo mangiato nulla, quindi bevvi tutto e riposai un po’.
Dopo um pò, mi recai alla grotta di Virupaksha e trascorsi lì la notte. La gamba diventava sempre più gonfia, tuttavia, né Jataswami né gli altri la notarono, tranne Pulani Swami che, appena la vide, esclamò:
“Cosa Ti è successo?”.
Gli raccontai dell’accaduto.
Il giorno dopo, mentre spargeva sulla gamba un po’ di olio di gingilli, si accorse che, in ogni singola parte in cui ero stato punto, c’era una spina grande come un chiodo. A fatica le tolse tutte, applicò un medicamento ed il gonfiore si riassorbì nell’arco di due, tre giorni.

Suri Nagamma chiese a Bhagavan,
“Bhagavan, in seguito, non fece nessuno sforzo per seguire le tracce dell’albero del banyan?”.
Bhagavan replicò: “No, quel pensiero non tornò più”.

Negli anni successivi, Bhagavan raccontò questo episodio diverse volte, così che molti suoi devoti come Kunjuswami, Venkataramaiah, Muruganar e altri andarono alla ricerca del grande albero del banyan, ma tornarono delusi. Dovettero sopportare molte difficoltà, poiché spesso perdevano le tracce del sentiero, ma per grazia di Bhagavan, ritornarono tutti all’ashram, al sicuro.
Anni dopo, quando Muruganar sentì Bhagavan raccontare questa storia, scrisse una domanda in versi:

“Non avendo notato
un cespuglio fiorito
dalle foglie verdi,
e calpestandolo inavvertitamente,
venne punto dai calabroni
fino ad uscirne
con le gambe gonfie.
Venkata (Bhagavan), in verità,
perché un’intrusione accidentale
è stata trattata senza pietà,
come una violenta trasgressione? “

Bhagavan rispose allo stesso modo in versi:

“Da calabroni in vendetta
fui punto sulla gamba,
finché non si infiammò;
ho calpestato,
seppure senza volerlo,
il loro vespaio,
costruito in un cespuglio di foglie;
che mente sarebbe mai
quella di colui che non si pente
di aver commesso un simile errore?”