Perché

Tornata in occidente dalla “Casa del Maestro” mi sono trovata a confrontarmi con un mondo che credevo di conoscere bene, ma che in verità era tutt’altro da quello che mi ero lasciata alle spalle.

Vedevo il sogno mortale che opprimeva ovunque e vedevo tanti che ne venivano tormentati. Seguirono anni di ri-orientamento a vivere sveglia pur rimanendo nel sogno.

Alcuni si avvicinavano a cuore aperto e sentivo la “forza” sprigionarsi e irrompere nei loro occhi dove riuscivo a vedere solo “me stessa”, lo stesso “Io”, l’unico Sé.

Immersioni nell’abisso oltre il conosciuto avvenivano spontaneamente e con chi riusciva a concedersi quell’istante, oltre il tempo.

Molti vennero attratti, tuttavia, di questi molti, solo alcuni riuscivano a lasciar cadere ogni peso e sprofondare nella pace beata e a non riemergere elemosinandone subito un’ altra “dose”.

Fu presto chiaro che “apportare felicità al mondo” non significava lavare i panni sporchi dell’altro, ma apportare un metodo per poterla vivere davvero la felicità.

Spesso fu chiesto a Papaji come mai dopo aver sperimentato l’assoluto, la pace beata, dopo aver sperimentato un risveglio spirituale si torna ad identificarsi con il relativo. Papaji semplicemente rispondeva:

“Posso darvi l’esperienza dell’illuminazione, ma non ho nessuna colla!”.

“Posso darvi l’esperienza dell’illuminazione, ma non ho nessuna colla!”.

Come si fà?

Il Maestro dichiarava che sì, un’esperienza di risveglio è possibile, ma poi rimanere incollati alla vuotezza, alla verità… chi lo vuole, chi lo sa fare?

Ed è proprio questo che si presentò chiaro davanti ai miei occhi:

“Come si fa?”.

Gli incontri, le immersioni nella vuotezza, nella beatitudine, erano sì all’ordine del giorno, continui, molti ne furono affascinati… poi però l’effetto di quella magia mistica svaniva non essendo supportata dalla maturità a vivere nella libertà.

Come poter aiutare gli altri a vivere la pace ininterrottamente?

Mi venne in aiuto ciò che avevo imparato e praticato al cospetto del Maestro: “Sravana, mañana, nidhidyasana”: ascolto della conoscenza, riflessione profonda, dimorare nella conoscenza.

Con l’ascolto e la riflessione, si può accedere ad un risveglio spirituale, si può spazzare via la fitta nube dell’illusorio “me”, ma poi c’è bisogno di “purificazione” apportata dall’assorbimento profondo nel silenzio, la forza purificatrice più potente.

Rimanere lì, a cuore aperto, con ardore, e allora ecco che appare l’ascesi. La purificazione è indispensabile e senza assorbimento nel silenzio, nell’eternità, è difficile se non impossibile affrontare il tempo e sconfiggerlo.

..lui mi chiese:
“Perché sei venuta?” ed io risposi :
“Per cercare l’illuminazione, Papaji”

L’Oceano

C’è l’oceano e ci sono le onde. Le onde si sentono insoddisfatte e sono confuse e così si mettono a cercare la felicità e la soddisfazione.

Hanno sentito dire che esiste un “oceano” e che se lo incontrano saranno per sempre felici. Si mettono quindi a cercarlo.

Più cercano e più creano separazione allontanandosi dall’oceano e in questo senso la ricerca, può essere una trappola, però, se l’onda, quel senso di “me” separato, inizia a seguire una metodologia, se si attiene alle istruzioni date dall’insegnante, se inizia ad aprirsi alla consapevolezza dell’essere, l’onda troverà l’oceano.

E quando accadrà?

Quando l’onda comprenderà intimamente cosa significa “stare quieti” e smetterà di rincorrere l’idea di “oceano” e tornando a se stessa riconoscerà di essere acqua!

L’onda è acqua, l’onda è l’oceano… la separazione è solo nella mente!

La meditazione è un formidabile strumento che insegna a guardare in profondità, nell’idea di separazione che ha creato infiniti guai e continua a confonderci.

La meditazione rivela l’oceano di pace nella sua pienezza e ci fa realizzare che siamo quell’oceano, che siamo pace e siamo il silenzio.