In India ci sono pozzi grandi e profondi in cui si rischia di cadere in quanto, la sommità, è ricoperta da cespugli.

Una volta, un viandante stava camminando nella verdeggiante foresta e, all’improvviso, sentì il suo piede sprofondare nel vuoto:
stava cadendo in un pozzo.
Mentre si dimenava, in preda alla più cupa paura, riuscì ad afferrare un rampicante cresciuto nelle profondità.
Era salvo, ma sospeso nel vuoto!

Per un breve attimo si sentì sollevato, ma l’attimo dopo il suo sguardo fu catturato da qualcosa in fondo al pozzo…era un alligatore, dall’aria affamata.

Non gli restò che guardare in alto… c’erano due ratti, uno bianco e uno nero che stavano rosicchiando proprio quel rampicante a cui si era così morbosamente attaccato.

Il suo sguardo si spinse ancora oltre, al di sopra del pozzo… c’era un grande favo dove le api raccoglievano il miele. Con gli occhi colmi di stupore notò che il miele colava proprio nel pozzo, e finiva esattamente nella sua bocca.
Lo assaporò, lo degustò, ne godette, ancora, ancora e ancora…

sulle sue labbra, quel gusto nettarino gli sembrò così inebriante che riuscì persino a dimenticare i ratti e il coccodrillo.

Questa è la storia di Maya, il sogno mortale!

L’essere umano è appeso nel pozzo della morte.
Il coccodrillo è la stessa morte che lo avrà.
I due ratti rappresentano il giorno (quello bianco) e la notte (quello nero)
che susseguendosi l’uno all’altra segnano il passare del tempo.
Il rampicante è la vita individuale, che viene rosicchiata dal tempo.
Il miele simboleggia i godimenti mondani che ci distraggono dalla morte e dal tempo.

Questo è il samsara: l’illusoria visione della vita.
Eppure tutti sembrano essere felici.

L’intelligenza degli esseri umani è in uno stato di sonnambulismo.
Derubati dalle attività delle gratificazioni dei sensi siamo caduti nel buio pozzo dell’esistenza materiale.

In quel pozzo la visione è così ristretta, ci accontentiamo di sperare in gocce di piacere rimanendo tormentati dalla paura di finire in bocca alla morte.

Intanto i giorni passano, i mesi e gli anni persi ad aspettare un’altra qualche gratificazione, un altro qualche appagamento, un altro miglioramento.
Eppure…in un istante possiamo balzare fuori da quel pozzo e arrogarci  l’intero favo della beatitudine del Sé.
La vera vita è oltre la vita e la morte, lì in quell’immensità, non c’è tempo.